Alessandro nell’Indie, libretto, Stoccarda, Cotta, 1760

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Portici de’ giardini reali.
 
 PORO, poi ERISSENA
 
 PORO
 Erissena.
 ERISSENA
                     Che miro!
1160Poro, tu vivi? E come?
 PORO
 Fu la mia morte un'ingegnosa fola
 che d'Alessandro ad evitar lo sdegno
 Timagene inventò.
 ERISSENA
                                     Lascia ch'io vada
 di sì lieta novella
1165a Cleofide...
 PORO
                         Ascolta. Infin ch'io giunga
 un disegno a compir, giova che ognuno
 mi creda estinto e più che ad altri, a lei
 convien celare il ver. Senti, ritrova
 l'amico Timagene; a lui dirai
1170che del real giardino
 nell'ombroso recinto, ove ristagna
 l'onda del maggior fonte, ascoso attendo
 Alessandro con lui. Là del suo foglio
 può valermi l'offerta. Io di svenarlo,
1175ei di condurlo abbia la cura.
 ERISSENA
                                                     Oh dio!
 PORO
 Tu impallidisci! E di che temi? Hai forse
 pietà d'Alessandro? E preferisci
 la sua vita alla mia?
 ERISSENA
                                       No. Ma pavento...
 Chi sa... Può Timagene
1180non credermi, tradirci...
 PORO
                                               Eccoti un pegno (Cava un foglio)
 per cui ti creda, anzi ti tema. È questo
 vergato di sua mano un foglio in cui
 mi stimola all'insidia; e farlo reo
 può col suo re, quando c'inganni. Ardisci,
1185mostrati mia germana
 e mostra che ti diede in vario sesso
 un istesso coraggio, un sangue istesso.   (Le dà il foglio e parte)
 
 SCENA II
 
 ERISSENA, poi CLEOFIDE
 
 ERISSENA
 Sì funesto comando
 amareggia il piacer ch'io proverei
1190per la vita di Poro. Oh dio! Se penso
 che trafitto per me cade Alessandro,
 palpito e tremo.
 CLEOFIDE
                                Immagini dolenti,
 deh, per pochi momenti
 partite dal pensier.
 ERISSENA
                                      Regina, ormai
1195rasciuga i lumi. Il consolarsi alfine
 è virtù necessaria alle reine.
 CLEOFIDE
 Quando si perde tanto,
 necessità, non debolezza è il pianto.
 ERISSENA
 (Lagrime intempestive!
1200Mi fa pietà; le vorrei dir che vive).
 
 SCENA III
 
 ALESSANDRO e dette
 
 ALESSANDRO
 Regina, è dunque vero
 che non partisti! A che mi chiami? E come
 senza Poro qui sei?
 CLEOFIDE
 Mi lasciò, lo perdei.
 ALESSANDRO
                                       Dovevi almeno
1205fuggir, salvarti.
 CLEOFIDE
                               Ove? Con chi? Mi veggo
 da tutti abbandonata e non mi resta
 altra speme che in te.
 ALESSANDRO
                                          Ma in questo loco,
 Cleofide, ti perdi. È di mie schiere
 troppo contro di te grande il furore.
 CLEOFIDE
1210Sì; ma più grande è d'Alessandro il core.
 ALESSANDRO
 Che far poss'io?
 CLEOFIDE
                                Della tua destra il dono
 de' Greci placherà l'ira funesta.
 Tu me la offristi, il sai.
 ERISSENA
                                            (Sogno o son desta!)
 ALESSANDRO
 (O sorpresa! O dubiezza!)
 CLEOFIDE
                                                  A che pensoso
1215tacer così? Non ti rammenti forse
 la tua pietosa offerta o sei pentito
 di tua pietà? Questa sventura sola
 mi mancheria fra tante. Io qui rimango
 certa del tuo soccorso;
1220son vicina a perir; tu puoi salvarmi;
 e la risposta ancora
 su labbri tuoi, misera me, sospendi?
 ALESSANDRO
 Vanne, al tempio verrò. Sposo m'attendi. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 CLEOFIDE ed ERISSENA
 
 ERISSENA
 Cleofide, sì presto io non sperai
1225le lagrime sul ciglio
 vederti inaridir ma n'hai ragione.
 Allor che acquisti tanto,
 non è per te più necessario il pianto.
 CLEOFIDE
 Il consolarsi alfine
1230è virtù necessaria alle reine.
 ERISSENA
 Quando costa sì poco
 l'uso della virtude, a chi non piace?
 CLEOFIDE
 Forse il tuo cor non ne saria capace.
 ERISSENA
 Incapace lo credi e pur distingue
1235la debolezza tua.
 CLEOFIDE
                                 Vorrei vederti
 più cauta in giudicare. Il più sicuro
 sai pur, ch'è sempre il giudice più tardo
 e s'inganna chi crede al primo sguardo.
 
    Se troppo crede al ciglio
1240colui che va per l'onde,
 invece del naviglio,
 vede partir le sponde,
 giura che fugge il lido
 e pur così non è.
 
1245   Se troppo al ciglio crede
 fanciullo al fonte appresso,
 scherza con l'ombra e vede
 moltiplicar se stesso;
 e semplice deride
1250l'immagine di sé. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ERISSENA, poi ALESSANDRO con due guardie
 
 ERISSENA
 Chi non avria creduto
 verace il suo dolore? Or va', ti fida
 di chi mostrò sì grande affanno. E noi
 ci lagneremo poi,
1255se non credon gli amanti
 alle nostre querele, a' nostri pianti?
 Ma ritorna Alessandro. O come in volto
 sembra sdegnato! Io tremo
 che non gli sia palese
1260quanto contien di Timagene il foglio.
 ALESSANDRO
 O temerario orgoglio!
 O infedeltà! Mai non avrei potuto
 figurarmi, Erissena,
 tanta perfidia.
 ERISSENA
                              (Ah di noi parla!) E quale
1265signore, è la cagion di tanto sdegno?
 ALESSANDRO
 L'odio, l'ardire indegno
 di chi dovrebbe a' benefici miei
 esser più grato.
 ERISSENA
                               (Ah che dirò!) Potresti...
 ALESSANDRO
 Olà, qui Timagene (Partono le guardie)
 ERISSENA
                                      Ei sol di tutto
1270è la prima cagione.
 ALESSANDRO
                                      Anzi avvertito
 da Timagene io fui.
 ERISSENA
                                       Che indegno! Accusa
 gl'altri del suo delitto. E Poro ed io
 signor, siamo innocenti. In questo foglio
 vedi l'autor del tradimento. (Gli dà il foglio)
1275Da un tuo guerrier che invano
 ricercando di Poro a me lo diede.
 (Celo il germano).
 ALESSANDRO
                                    A chi darò più fede?
 Parti Erissena.
 ERISSENA
                              Ah tu mi scacci. Io dunque
 teco perdei già di fedele il vanto?
 ALESSANDRO
1280Eh non dolerti tanto. Un dubbio alfine
 sicurezza non è.
 ERISSENA
                                Sì, ma quell'alme,
 cui nutrisce l'onor, la gloria accende,
 il dubbio ancor d'un tradimento offende. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 ALESSANDRO, poi TIMAGENE
 
 ALESSANDRO
 Per qual via non pensata
1285mi scopre il cielo un traditor. Ma viene
 l'infido Timagene. Io non comprendo
 come abbia cor di comparirmi innanzi.
 TIMAGENE
 Mio re, so che poc'anzi
 di me chiedesti; ho prevenuto il cenno;
1290le ribellanti schiere
 ricomposi e sedai. Le regie nozze
 puoi lieto celebrar.
 ALESSANDRO
                                     Non è la prima
 prova della tua fé. Conosco assai,
 Timagene, il tuo cor; né mai mi fosti
1295necessario così come or mi sei.
 TIMAGENE
 Chiedi; che far potrei,
 signor, per te? Pugnar di nuovo? Espormi
 solo all'ire d'un campo?
 Tutto il sangue versar? Morir si deve?
1300Alla mia fede ogni comando è lieve.
 ALESSANDRO
 No, no. Solo un consiglio
 da te desio. V'è chi m'insidia; è noto
 il traditore e in mio poter si trova;
 non ho cor di punirlo,
1305perché amico mi fu. Ma il perdonargli
 altri potrebbe a questi
 tradimenti animar. Tu che faresti?
 TIMAGENE
 Con un supplicio orrendo
 lo punirei.
 ALESSANDRO
                       Ma l'amicizia offendo.
 TIMAGENE
1310Ei primiero l'offese
 e indegno di pietà costui si rese.
 ALESSANDRO
 (Qual fronte!)
 TIMAGENE
                             Eh di clemenza
 tempo non è. La cura
 lascia a me di punirlo. Il zelo mio
1315saprà nuovi stromenti
 trovar di crudeltà. L'empio m'addita,
 palesa il traditor, scoprilo ormai.
 ALESSANDRO
 Prendi, leggi quel foglio e lo saprai.   (Gli dà il foglio)
 TIMAGENE
 (Stelle! Il mio foglio! Ah son perduto. Asbite
1320mancò di fé).
 ALESSANDRO
                            Tu impallidisci e tremi?
 Perché taci così? Guardami, parla.
 TIMAGENE
 Ah signore, al tuo piè... (In atto d’inginnocchiarsi)
 ALESSANDRO
                                              Sorgi. Mi basta
 per ora il tuo rossor. Ti rassicura
 nel mio perdono; e conservando in mente
1325del fallo tuo la rimembranza amara,
 ad esser fido un'altra volta impara.
 
    Serbati a grandi imprese,
 acciò rimanga ascosa
 la macchia vergognosa
1330di questa infedeltà.
 
    Che nel sentier d'onore
 se ritornar saprai,
 ricompensata assai
 vedrò la mia pietà.   (Parte)
 
 SCENA VII
 
 TIMAGENE, indi PORO
 
 TIMAGENE
1335O perdono! O delitto!
 O rimorso! O rossore!
 PORO
 Qui Timagene e solo? Amico, il cielo
 giacché a te mi conduce...
 TIMAGENE
                                                 Ah parti, Asbite,
 fuggi da me.
 PORO
                          Se d'Alessandro il sangue
1340noi dobbiamo versar...
 TIMAGENE
                                            Prima si versi
 quello di Timagene.
 PORO
                                       E la promessa?
 TIMAGENE
 La promessa d'un fallo
 non obliga a compirlo.
 PORO
                                           E pur quel foglio...
 TIMAGENE
 L'aborro, lo calpesto
1345e la mia debolezza in lui detesto.   (Lacera il foglio)
 
    Finché rimango in vita,
 ricomprerò col sangue
 la gloria mia tradita,
 il mio perduto onor.
 
1350Farò che al mondo sia
 chiara l'emenda mia
 al pari dell'error.   (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 PORO, poi GANDARTE
 PORO
 Ecco spezzato il solo
 debolissimo filo a cui s'attenne
1355finor la mia speranza. A che mi giova
 più questa vita? Abbandonato e privo
 della sposa e del regno: in odio al cielo
 grave a me stesso, ed ogni istante esposto
 di fortuna a soffrir gli schemi e l'ire.
1360Ah finisca una volta il mio martire (Entrando s’incontra con Gandarte)
 GANDARTE
 Mio re, tu vivi!
 PORO
                               Amico,
 posso della tua fede
 assicurarmi ancor?
 GANDARTE
                                      Qual colpa mia
 tal dubio meritò?
 PORO
                                   Gandarte, è tempo
1365di darmene un gran pegno. Il brando stringi,
 ferisci questo sen. Da tante morti
 libera il tuo sovrano
 e togli quest'ufficio alla sua mano.
 GANDARTE
 Ah signor...
 PORO
                        Tu vacilli! Il tuo pallore
1370timido ti palesa. Ah fin ad ora
 di tal viltà non ti credei capace.
 GANDARTE
 Agghiacciai, lo confesso,
 al comando crudel. Ma giacché vuoi,
 il cenno eseguirò. (Snuda la spada)
 PORO
                                    Che tardi?
 GANDARTE
                                                          Oh dio!
1375Esposto al regio sguardo
 il rispettoso cor palpita e trema.
 Ah se vuoi sì gran prove,
 volgi, mio re, volgi il tuo ciglio altrove.
 PORO
 Ardisci, io non ti miro. Il braccio invitto
1380conservi nel ferir l'usato stile.   (Poro rivolge il volto non mirando Gandarte e Gandarte allontanandosi da lui, nell’atto d’uccider sé stesso dice:)
 GANDARTE
 «Guarda, signor, se il tuo Gandarte è vile.»
 
 SCENA IX
 
 ERISSENA E DETTI
 
 ERISSENA
 Fermati.   (Trattenendolo)
 PORO
                       O ciel, che fai? (Rivolgendosi a Gandarte)
 GANDARTE
                                                    Perché mi togli,
 principessa adorata,
 la gloria d'una morte
1385che può rendere illustri i giorni miei?
 ERISSENA
 Qui di morir si parla e intanto altrove
 un placido imeneo   (A Poro)
 stringe Alessandro all'infedel tua sposa.
 PORO
 Come!
 GANDARTE
                E fia ver?
 ERISSENA
                                    Tutto risuona il tempio
1390di stromenti festivi. Ardon su l'are
 gli arabi odori. A celebrar le nozze
 mancan pochi momenti.
 PORO
                                               Udiste mai
 più perfida incostanza? Or chi di voi
 torna a rimproverar i miei sospetti,
1395le gelose follie,
 il soverchio timor, le furie mie?
 Cadrà per questa mano,
 cadrà la coppia rea.
 GANDARTE
                                      Che dici!
 PORO
                                                         Il tempio
 è commodo alle insidie; a me fedeli
1400son di quello i ministri. Andiamo.
 ERISSENA
                                                                Oh dio!
 GANDARTE
 Ferma, chi sa, forse la tema è vana.
 PORO
 Ah Gandarte, ah germana,
 io mi sento morir. Gelo ed avvampo
 d'amor, di gelosia. Lagrimo e fremo
1405di tenerezza e d'ira; ed è sì fiero
 di sì barbare smanie il moto alterno
 ch'io mi sento nel cor tutto l'inferno.
 
    Dov'è? Si affretti
 per me la morte.
1410Poveri affetti!
 Barbara sorte!
 Perché tradirmi
 sposa infedel?
 
    Lo credo appena;
1415l'empia m'inganna!
 Quest'è una pena
 troppo tiranna,
 questo è un tormento
 troppo crudel.   (Parte)
 
 SCENA X
 
 ERISSENA e GANDARTE
 
 ERISSENA
1420Gandarte, in questo stato
 non lasciarlo, se m'ami.
 GANDARTE
                                              Addio, mia vita.
 Non mi porre in oblio,
 se questo fosse mai l'ultimo addio. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 ERISSENA
 
 ERISSENA
 D'inaspettati eventi
1425qual serie è questa! Oh come
 l'alma mia non avvezza
 a sì strane vicende
 si perde, si confonde e nulla intende!
 
    Son confusa pastorella
1430che nel bosco a notte oscura
 senza face e senza stella
 infelice si smarrì.
 
    Ogni moto più leggiero
 mi spaventa e mi scolora
1435e lontana ancor l'aurora
 e non spero un chiaro dì. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Tempio magnifico dedicato a Bacco con rogo che nel mezzo s’accende.
 
 ALESSANDRO e CLEOFIDE preceduti dal coro de’ baccanti che escono danzando. Guardie, popolo e ministri del tempio con faci. Indi PORO in disparte
 
 CORO
 
    Dagl'astri discendi,
 o nume giocondo,
 ristoro del mondo,
1440compagno d'amor.
 
    D'un popolo intendi
 le supplici note,
 acceso le gote
 di sacro rossor.
 
 CLEOFIDE
1445Nell'odorata pira
 si destino le fiamme. (I ministri con due faci accendono il rogo)
 ALESSANDRO
                                          È dolce sorte
 d'un'alma grande, accompagnare insieme
 e la gloria e l'amor.
 PORO
                                      (Reggete il colpo,
 vindici dei).
 ALESSANDRO
                          Si uniscano, o regina,
1450ormai le destre e delle destre il nodo
 unisca i nostri cori.   (Accostandosele in atto di darle la mano)
 CLEOFIDE
 Ferma. È tempo di morte e non d'amori.
 ALESSANDRO
 Come!
 PORO
                (Che ascolto!)
 CLEOFIDE
                                            Io fui
 consorte a Poro. Ei più non vive. Io deggio
1455su quel rogo morir. Se t'ingannai,
 perdonami, Alessandro. Il sacro rito
 non sperai di compir senza ingannarti.
 Temei la tua pietà. Questo è il momento
 in cui si adempia il sacrificio appieno.   (In atto di andare verso il rogo)
 ALESSANDRO
1460Ah nol deggio soffrir.   (Volendo arrestarla)
 CLEOFIDE
                                           Ferma o mi sveno. (Impugnando uno stile)
 PORO
 (O inganno! O fedeltà!)   (Torna a celarsi)
 ALESSANDRO
                                                Non esser tanto
 di te stessa nemica.
 CLEOFIDE
 Il nome d'impudica
 vivendo acquisterei. Passa alle fiamme
1465dalle vedove piume
 ogni sposa fra noi. Questo è il costume
 de' nostri regni; ed ogni età lontana
 questa legge osservò.
 ALESSANDRO
                                         Legge inumana
 che bisogno ha di freno,
1470che distrugger saprò.   (Volendo arrestarla)
 CLEOFIDE
                                           Ferma o mi sveno. (Come sopra)
 ALESSANDRO
 Stelle, che far degg'io!
 
 SCENA ULTIMA
 
 TIMAGENE, poi GANDARTE, indi ERISSENA e detti
 
 TIMAGENE
                                           Qui prigioniero
 giunge Poro, mio re.
 CLEOFIDE
                                        Come!
 ALESSANDRO
                                                       E fia vero?
 TIMAGENE
 Sì; nel tempio nascoso
 col ferro in pugno io lo trovai. Volea
1475tentar qualche delitto. Ecco che viene. (Esce Gandarte fra due guardie)
 CLEOFIDE
 Dove, dov'è il mio bene?   (Getta lo stile)
 TIMAGENE
 Non lo ravvisi più?
 ALESSANDRO
                                      Vedilo.
 CLEOFIDE
                                                      Oh dio!
 M'ingannate, o crudeli, acciò risenta
 delle perdite mie tutto il dolore.
1480Ah si mora una volta,
 s'incontri il fin delle sventure estreme. (In atto di voler gettarsi sul rogo)
 PORO
 Anima mia, noi moriremo insieme. (Trattenendola)
 CLEOFIDE
 Numi! Sposo! M'inganno
 forse di nuovo! Ah l'idol mio tu sei.
 PORO
1485Sì, mia vita; son'io
 il tuo barbaro sposo
 che inumano e geloso
 ingiustamente offese il tuo candore.
 Ah d'un estremo amore
1490perdona, o cara, il violento eccesso.
 Perdona...
 CLEOFIDE
                      Ecco il perdono in questo amplesso.
 ALESSANDRO
 O strano ardire!
 PORO
                                 Or delle tue vittorie
 fa' pur uso Alessandro. Allor ch'io trovo
 fido il mio bene, a farmi sventurato
1495sfido la tua fortuna e gli astri e 'l fato.
 ALESSANDRO
 Con troppo orgoglio, o Poro,
 parli con me. Sai che non v'è più scampo,
 che sei mio prigionier?
 PORO
                                             Lo so.
 ALESSANDRO
                                                          Rammenti
 con quanti tradimenti
1500tentasti la mia morte?
 PORO
                                           A far l'istesso
 io tornerei vivendo.
 ALESSANDRO
 E la tua pena...
 PORO
                              E la mia pena attendo.
 ALESSANDRO
 E ben sceglila. Io voglio
 che prescriva tu stesso a te le leggi.
1505Pensa alle offese e la tua sorte eleggi.
 PORO
 Sia qual tu vuoi ma sia
 sempre degna d'un re la sorte mia.
 ALESSANDRO
 E tal sarà. Chi seppe
 serbar l'animo reggio in mezzo a tante
1510ingiurie del destin degno è del trono.
 E regni e sposa e libertà ti dono.
 CLEOFIDE
 O magnanimo!
 GANDARTE
                               O grande!
 PORO
                                                    E ancor non sei
 sazio di trionfar? Già mi togliesti
 dell'armi il primo onore;
1515basti alla gloria tua, lasciami il core.
 Sugli affetti, su l'alme
 il tuo poter si stende. Adesso intendo
 quel decreto immortal che ti destina
 all'impero del mondo.
 CLEOFIDE
                                           E qual mercede
1520sarà degna di te?
 ALESSANDRO
                                  La vostra fede.
 PORO
 Vieni, vieni, o germana,   (Vedendo Erissena)
 al nostro vincitore. Ah tu non sai
 quai doni, qual pietà...
 ERISSENA
                                            Tutto ascoltai.
 PORO
 Soffri, o signor, ch'io del fedel Gandarte
1525colla man d'Erissena
 premii il valor.
 ALESSANDRO
                               Da voi dipende. Intanto
 ei, che sì ben sostenne un finto impero,
 avrà virtù di regolarne un vero.
 Su la feconda parte,
1530ch'oltre il Gange io domai, regni Gandarte.
 ERISSENA
 Oh illustre eroe!
 GANDARTE
                                 Dal beneficio oppresso
 io favellar non oso.
 CLEOFIDE
 Secolo avventuroso
 che del grande Alessandro il nome avrai.
 PORO
1535Io non saprò giammai
 da te partire; esecutor fedele
 sarò de' cenni tuoi. Guidami pure
 sugli estremi del mondo. Avranno sempre
 di Libia al sole o della Scizia al ghiaccio
1540la sposa il core ed Alessandro il braccio.
 
 CORO
 
    Serva ad eroe sì grande,
 cura di Giove e prole,
 quanto rimira il sole,
 quanto circonda il mar.
 
1545   Né lingua adulatrice
 del nome suo felice
 trovi più dolce suono
 di chi risiede in trono
 il fasto a lusingar.
 
 Fine del drama